L’orologio climatico
Il countdown apocalittico di New York
10 dicembre 2020
Una delle paure che più ci tormenta, in questo periodo storico, è il grado di inquinamento che ogni giorno si viene a creare e che compromette pian piano il delicato equilibrio ambientale del nostro sistema. Essendo una paura “a lungo termine”, molte persone sottovalutano quanto effettivamente sia grave la situazione venutasi a creare a causa dei nostri atteggiamenti irresponsabili.
Cos’e’ il climate clock?
Per rendere concreta questa paura e far capire quanto necessario sia attuare delle contromisure appropriate, due attivisti hanno ideato e progettato un orologio digitale che non indica lo scorrere del tempo ma scandisce il tempo che ci rimane prima di incorrere in un disastro ambientale irreversibile.
Ed è proprio partendo da questa necessità che Gan Golan e Andrew Boyd hanno deciso di realizzare questo orologio sulla facciata del Palazzo Metronome a Union Square, Manhattan (NY). Prima di venir adibito a questo, tale facciata presentava già un orologio digitale, chiamato “The Passage”, in cui a sinistra veniva indicata l’ora corrente e a destra quanto mancasse a mezzanotte.
I due ambientalisti hanno dunque rivisitato questo orologio digitale prendendo spunto dal DOOMSDAY CLOCK di Chicago (orologio dell’apocalisse) che era stato relizzato durante la guerra fredda tra America e Unione Sovietica. Mentre quest’ultimo era stato ideato come conto alla rovescia in vista di un possibile conflitto mondiale, il CLIMATE CLOCK nasce per suscitare nelle persone che lo guardano, un sentimento di consapevolezza riguardo quanto stiamo danneggiando il nostro ecosistema.
Cosa ci dice il climate clock?
Com’è possibile calcolare il tempo che ci rimane? Cosa possiamo fare per far rallenatre questo orologio?
A queste domande Golan e Boyd rispondono affiancando, al countdown apocalittico, un altro valore in cifre (verdi) che corrisponde alla percentuale di energia verde (fonti rinnovabili come eolica o fotovoltaica) che manca per raggiungere una neutralità carbonica ovvero ridurre le emissioni ad una cifra più prossima possibile allo zero.
Ad oggi (24/11/2020) il CLIMATE CLOCK segna che ci vorranno 7 anni, 35 giorni e qualche ora al disastro ambientale irreversibile che, secondo i calcoli dei due ricercatori, arriverà esattamente il primo gennaio del 2028. Questa data non corrisponde chiaramente al giorno dell’apocalisse, ma ha lo scopo di mettere sotto gli occhi di tutti, quanto la noncuranza verso l’ambiente possa portare ad una situazione catastrofica. Ogni persona dunque, guardando questo orologio digitale, dovrebbe percepire l’imminente verificarsi di questa situazione critica e adottare il prima possibile una routine ecosostenibile applicabile con piccoli gesti quotidiani.
Gli effetti del climate clock
Se da un lato lo scopo è quello di muovere nelle persone una sorta di coscienza collettiva che li convinca ad attuare cambiamenti nella loro routine, dall’altro lato servono norme a livello nazionale per dare un incentivo a questa lotta contro la crisi climatica.
I primi sintomi che verranno a manifestarsi, se non si adottano contromisure adeguate, sono lo scioglimento delle calotte polari con una conseguente riduzione delle superfici degli stati a ridosso dei circoli. Viene stimato infatti che la Groenlandia nel giro di qualche anno, potrebbe diventare grande quanto la Danimarca e che le piccole isole del Pacifico potrebbero venir inondate così come le grandi città sulle coste continentali come ad esempio New York e Dacca. Questo causerà oltre 140 milioni di migranti climatici che si addenseranno nelle zone non a rischio dando quindi il via ad una lotta di risorse che finirà col far collassare tutte le società.
Per evitare che questo accada, è sufficiente che ciascuno di noi si impegni nel proprio piccolo per modificare quelle abitudini che hanno un grosso impatto sulla nostra impronta ambientale. Scelgliendo uno stile di vita più sostenibile infatti, è possibile rallentare o addirittura fermare questo countdown apocalittico.